I test sono stati effettuati a diversi livelli di durata. Per quanto riguarda l'ozonizzazione essa è stata valutata in termini di carbonio organico totale TOC e assorbanza ultravioletta UV, mentre i parametri quali pH, temperatura,  densità di energia ultrasonica e quantità di ozono sono stati valutati prima e dopo ogni test \cite{Naddeo_2009}. Come risultato si è ottenuto che per durate del trattamento relativamente brevi (40 minuti) la degradazione del DCF  cresceva esponenzialmente con il tempo di ozonizzazione portando ad una alto tasso di rimozione del farmaco, ma va tenuto conto che tale rimozione non è totale perchè contemporaneamente a questo processo si generano dei sottoprodotti organici che avendo un diverso profilo di assorbanza UV non vengono rimossi come il composto genitore\cite{Naddeo_2009}. Per cui, nonostante l'ozono sia in grado di reagire con numerosi contaminanti, l'ossidazione di alcuni inquinanti  risulta lenta e talvolta genera prodotti intermedi tossici \cite{Wang_2020}. Studi recenti hanno fatto inoltre notare che tale processo risulta pressochè complesso in quanto l'ozonizzazione richiede un sistema intricato per la generazione di ozono\cite{Han_2020}. Per quanto riguarda la sonicazione, processo che determina la frammentazione dei solidi sospesi grazie all'ausilio di onde acustiche, si è visto che il comportamento dei diversi parametri non è stato particolarmente influenzato dalla durata del processo quanto invece dalla dose di potenza ultrasonica. A tal proposito si evince che per una maggiore densità di potenza si ottiene un maggior tasso di degradazione del diclofenac. Dal trattamento combinato US+O3 si è visto che per un periodo di tempo pari a 40 minuti la concentrazione di DCF resta praticamente la stessa di quella iniziale ma per durate minori, dai 5 ai 20 minuti, si ha una degradazione significativamente maggiore. 
Sebbene tali trattamenti AOP mostrino elevati tassi di rimozione essi hanno lo svantaggio di aumentare la tossicità degli effluenti \cite{Naddeo_2009} per cui, visto che l'ultrafiltrazione da sola non riesce a isolare tali contaminanti  un ulteriore metodologia che può essere considerata per la rimozione degli stessi dai reflui risulta essere quella nella quale vengono combinati insieme i singoli processi di ultrasuoni, adsorbimento (tramite il processo di ultrafiltrazione su membrana di carbone attivo in polvere), e filtrazione \cite{ballesteros2016}.  Tale tecnica risulta particolarmente conveniente in quanto riesce a filtrare diversi contaminanti emergenti evitando di aumentare la tossicità degli effluenti e permettendo di prevenire la formazione di possibili agenti foulanti che si generano sulla superficie della membrana, grazie all'ausilio dei carboni attivi migliorando così la qualità del permeato \cite{Kim_2009}.  Studi recenti hanno inoltre mostrato che i trattamenti precedentemente citati (AOPs e MBR) possono essere combinati per una migliore efficienza di rimozione di inquinanti \cite{Prado_2017}.