Metodi di rimozione di contaminanti emergenti nelle acque reflue

 

La rimozione di contaminanti emergenti (EC) nelle acque reflue, attraverso i processi analizzati nello studio \cite{2018}, che è stata effettuata attraverso ozonizzazione, sonolisi e ossidazione fotocatalitica, nonchè mediante diverse conbinazioni di questi processi, al fine di valutarne la loro efficienza \cite{2018} .  La rimozione di EC nelle acque reflue, mediante ozonizzazione, è stata condotta con un sistema UV, che produceva ozono per scissione UV di molecole di ossigeno. La performance dell'ozonizzazione sul degrado dei prodotti farmaceutici è stata valutata in base all'efficienza di rimozione in presenza di un singolo composto così come in una miscela di tre composti. Dopo 40 minuti di reazione, l'ozonizzazione ha portato a circa il 51%, 73% e 59% di rimozione di SMX, DCF e CBZ, rispettivamente \cite{2018}.  Però, va tenuto in conto che tale rimozione non è totale, perché contemporaneamente al processo di rimozione si generano dei sottoprodotti organici che avendo un diverso profilo di assorbanza UV non vengono rimossi come il composto genitore  \cite{Prado_2017}.  
Mentre per il processo di ossidazione fotocatalitica,  gli spettri UV del profilo di degradazione fotocatalitica hanno mostrato una maggiore efficienza di rimozione in funzione all'aumento dei periodi di irradiazione.  Dopo 60 minuti di irradiazione è quasi completa la rimozione dei contaminanti, anche se l'ossidazione porta alla formazione di composti organici intermedi \cite{Naddeo_2020}.  L'analisi DOC potrebbe essere utilizzata per verificare la presenza di tutti i composti organici o la loro mineralizzazione.  In condizioni sperimentali in cui è stata studiata la rimozione fotocatalitica di DCF, dal 23% al 53% di rimozione di DCF è stato osservato dopo 30 e 60 minuti di irradiazione UV.  In condizioni di irraggiamento prolungato è possibile rimuovere completamente il DCF come dimostra lo studio \cite{P_rez_Estrada_2005} , le stesse condizioni sperimentali hanno portato ad una maggiore rimozione di SMX, che ha raggiunto il 55% e l'82% dopo 30 e 60 minuti di trattamento. La fotocatalisi è un processo degradante e, quindi, è probabile che prima della mineralizzazione si formino diversi intermedi di diversa reattività \cite{Naddeo_2020}
Gli esperimenti di sonolisi sono stati condotti con un generatore ad ultrasuoni, ad una frequenza fissa di 20 kHz e i test sono stati effettuati a diversi tempi di sonificazione (10 e 30 minuti) \cite{2018}. L'applicazione di sonolisi per 10 minuti ha portato alla rimozione del 12%, 3% e 13% di SMX, DCF e CBZ, rispettivamente. L'estensione del tempo di applicazione a 30 minuti ha portato ad una maggiore rimozione del 27%, 26% e 29% dei rispettivi EC \cite{Naddeo_2020}.  In letteratura sono stati riportati diversi risultati per quanto riguarda l'applicazione dell'ecografia per la rimozione di SMX, DCF e CBZ. Tuttavia, la maggior parte degli studi si sono basati sull'applicazione di sonolisi per la rimozione di singoli composti in soluzioni acquose. La presenza contemporanea di diversi prodotti farmaceutici potrebbe influenzare la degradazione ad ultrasuoni dei rispettivi composti in soluzioni singole che si supponeva si verificasse a causa dei radicali idrossilici presenti nell'interfaccia bolla-liquido a causa delle proprietà idrofobiche e della bassa volatilità dei composti bersaglio \cite{Hou_2013}.    
Combinando l'effetto di ozonizzazione e sonolisi, questo ha migliorato sinergicamente l'efficienza di rimozione dei composti studiati. Ciò è dovuto al fatto che le onde ultrasoniche hanno omogeneizzato il campione e migliorato la solubilità dell'ozono grazie all'alta energia e alle vibrazioni, come visto dallo studio \cite{Naddeo_2020}.  Rimozioni più elevate sono state ottenute utilizzando il processo combinato che opera con tecniche ad ultrasuoni. Con l'aumento dell'ampiezza dal 30% al 60%, la rimozione di SMX e DCF è migliorata fino al 61% e al 94%, rispettivamente. I processi ibridi di ozono e di sonolisi si sono dimostrati efficaci, in quanto forniscono una completa degradazione e una mineralizzazione apprezzabile del composto  \cite{Naddeo_2009}.  Per quanto riguarda l'ecografia e l'ecocatalisi portano ad una rimozione di circa il 10% e il 40% della concentrazione di EC  \cite{Naddeo_2020}.  
Altro processo di rimozione dei contaminati emergenti è l' elettrocoagulazione. Essa è un’alternativa più economica rispetto ad altri metodi, e prevede inoltre efficienza maggiore di trattamento e produzione minore di scarti che a loro volta devono essere smaltiti. L’applicazione dell’elettricità in questo metodo ha fatto si da ottenere risultati di rimozioni più elevati. E’ possibile dire inoltre che in base alle diverse condizioni la riduzione dei composti farmaceutici varia da 30-40% rispetto alla concentrazione iniziale \cite{Chelliapan_2006}.
Un innovativo processo denominato USAMe che integra l'irradiazione a ultrasuoni (US), l'adsorbimento (A) e la filtrazione a membrana (Me) può essere usato per la rimozione di EC. Inoltre, il processo USAMe ha dimostrato una capacità di rimuovere i contaminanti emergenti dalle acque reflue secondarie anche a basse concentrazioni ambientali, verificando ulteriormente il suo potenziale come post-trattamento di processi biologici i cui effluenti solitamente contengono livelli di EC da ppb a ppt. Inoltre, la sicurezza e il potenziale di riutilizzo dell'effluente trattato è dimostrato dai risultati negativi dei test di tossicità, garantendo la protezione ambientale di un'applicazione reale \cite{Naddeo_2020}.

Conclusione

I processi di ossidazione avanzata (AOP) sono efficaci nella rimozione dei prodotti farmaceutici più utilizzati, cioè SMX, DCF, CBZ, che sono stati riconosciuti come contaminanti emergenti \cite{2018}. Nei processi di ossidazione, però,  va tenuto in conto che tale rimozione dei EC non è totale, perché contemporaneamente al processo di rimozione si generano dei sottoprodotti organici che avendo un diverso profilo di assorbanza UV non vengono rimossi come il composto genitore  \cite{Prado_2017}.  A tal proposito si è ritenuto necessario che nei futuri approcci a tale problematica di rimozione di contaminanti emergenti, in caso si utilizzino tecniche di ossidazione avanzata, è bene testare i sottoprodotti generati con continui "esperimenti pilota" per valutare gli effettivi vantaggi di tali applicazioni alla matrice acquosa a seconda dei contaminanti che si vogliono rimuovere \cite{Prado_2017} . I rendimenti migliori risultano essere quelli combinati. Il processo combinato di ozonizzazione e di sonolisi ha portato all'eliminazione del DCF in un intervllo compreso tra il 90 e il 94% in base all'ampiezza dell'ultrasuono applicato \cite{2018} .  Inoltre implementando i trattamenti AOP con i trattamenti MBR è possibile ridurre la tossicità degli effluenti dovuti alla formazione dei sottoprodotti, minimizzando gli effetti sfavorevoli di NOM e mostrando anche la capacità di rimuovere i contaminanti emergenti dalle acque reflue secondarie anche a basse concentrazioni finali \cite{Naddeo_2020}.